Cosa farà da grande?
Si sa, fare il genitore è cosa davvero difficile. Spesso i figli ci propongono questioni che sono poco chiare anche per noi stessi e ci sentiamo in dovere di dare una risposta, di rasserenare i nostri ragazzi sul loro futuro.
La nostra società, tuttavia, non ci aiuta in questo compito, perché il futuro appare sempre più incerto, confuso e soprattutto inutile da pianificare.
La speranza è di riconoscere nei nostri figli una qualità speciale, un dono, un “talento”, che li guidi e aiuti noi a suggerire quale strada seguire all’ingresso nel mondo degli adulti.
Ma che cos’è il talento?
Cristian Andreatini, esperto di Coaching, scrive che il talento è connaturato alla natura stessa dell’uomo. Le tante definizioni che si danno di questa parola, hanno confuso la sostanza del concetto che sottende.
In origine il termine talento indicava la misura di un peso, e quindi una moneta: la parabola dei talenti, nel Vangelo di Matteo, traduceva questo materiale prezioso nei talenti donati dal Signore agli esseri umani.
In molte altre culture antiche il talento coincideva con il “daimon” (il demone), il destino o il genio ispiratore, cioè una capacità innata in grado di guidare l’uomo verso le scelte più corrette, per far affiorare la sua vera natura, la sua essenza profonda, la sua irripetibile impronta.
Non si tratta, dunque, di genialità, capacità innata di creare dal nulla; è, più che altro, una predisposizione a trasformare nella maniera migliore ciò che esiste già in noi.
È una risorsa di cui le persone possono disporre, una ricchezza, come sostiene Riccarda Zezza nel suo articolo “Che cos’è il talento, perché è naturalmente abbondante e dove si nasconde?”.
Il talento è una “propensione, un’attitudine, una predisposizione, una dote intellettuale rilevante, specialmente in quanto naturale”.
Quando uso il mio talento, quel che faccio mi viene particolarmente bene, mi fa stare bene, non esaurisce la mia energia.
È, dunque, una risorsa molto preziosa perché abbondante per chi la possiede.
Come si riconosce il talento di un figlio?
Non è semplice comprendere il talento di una persona, soprattutto in un tempo che vede il successo solo in funzione del riconoscimento sociale ed economico. Seguendo ancora Riccarda Zezza, scopriamo che “il talento si esprime,diventando visibile, nelle cose che le persone scelgono di fare e quindi di essere: l’inclinazione per la musica può rendere musicisti, la dimestichezza con i calcoli può generare ingegneri. Ma sono solo possibilità tra cui scegliere, e non pochi talenti vengono espressi nella dimensione privata più spesso che in quella lavorativa, ad esempio in un hobby, nelle relazioni familiari o amicali, nel volontariato”.
Se siamo convinti, però, che agire secondo il nostro talento produce una soddisfazione e un benessere certi, la migliore azione che possiamo intraprendere è l’ascolto e l’osservazione. Due attività che, spesso, la frenesia della quotidianità ci porta a trascurare. L’ascolto necessita di un tempo lento, o meglio, adeguato all’esigenze dei nostri figli. L’osservazione necessita di profondità nello sguardo, che raccoglie ogni loro gesto, sia piccolo sia eclatante.
Ci sono alcune caratteristiche comportamentali che ci aiutano a intuire quale talento potrebbe avere una persona: abbiamo detto quanto sia importante la sensazione di benessere che si prova e che è visibile nel bambino e nel ragazzo; pure la capacità di dedicare attenzione a una certa attività per un tempo prolungato e in modo immersivo. Inoltre, in questo percorso di discernimento non siamo soli: possiamo confrontarci con educatrici e maestre, finché i bimbi sono piccoli, insegnanti e istruttori via via che crescono.
Il punto è che non ci sono regole fisse su quando si manifesterà un talento, una passione o una particolare inclinazione, come ricorda lo psicologo e psicoterapeuta Davide Algeri, l’importante è che i bambini abbiano la possibilità di esplorare, di crescere in un ambiente ricco di stimoli.
Daniele Novara aggiunge che è essenziale lasciare i bambini liberi di esprimersi, cioè di fare davvero i bambini, attraverso le due caratteristiche distintive dell’infanzia: il pensiero magico e la natura motoria e sensoriale.
Attenzione agli inciampi
Facciamo attenzione, però, che la scelta di seguire o meno una inclinazione, di trasformarla in mestiere o mantenerla come passatempo, sia tutta dei nostri figli. È facile e umano, aggiungerei, pensare che un mio desiderio corrisponda al loro, e confondere ciò che vorrei, con quello che invece è il talento di un figlio.
Offriamo loro delle opportunità per capirsi, non forziamoli a seguire un percorso che non hanno scelto per sé. Aiutiamoli a coltivare la passione per una attività, senza obblighi e senza aspettative.
“Riassumendo, perché un talento possa emergere c’è bisogno di silenzio, libertà di azione e incoraggiamento”.
Valorizziamo il gioco libero che, “quando è spontaneo, destrutturato, privo di interferenze e condizionamenti esterni è il tipo di gioco che più di ogni altro permette di fare esperienze significative e scoprire cose nuove. In questi momenti, il bambino ha la possibilità di esercitare la sua creatività”.
Ricordiamo di proporre stimoli, senza esagerare; “se nostro figlio non ha mai momenti liberi, se è sempre occupato in qualcosa, non ha la possibilità di mettersi in ascolto. Per scoprire i propri talenti sono necessari spazi vuoti e silenzi, in cui sintonizzarsi con sé stessi e con i propri bisogni”.
Infine, “qualunque attività intraprenda, è importante che il bambino si senta sostenuto e incoraggiato dai genitori. Aiutare un figlio a coltivare un talento significa tenere alla larga l’ansia da prestazione ed essere pronti ad accogliere il fallimento. L’errore fa parte del percorso e permette di imparare e migliorarsi”. (Francesca Valla, insegnante di scuola primaria, formatrice nei corsi di educazione genitoriale, counselor familiare, esperta educational sui media)