Adulti in rete

Adulti in rete

Quali sono le sfide educative da vincere in questo terzo millennio? Quale ruolo ci viene richiesto come adulti che educano la crescita delle giovani generazioni?

Domande pesanti che ci schiacciano, lasciandoci a volte senza parole, senza visione del domani. Abbiamo costruito una società i cui i valori principali spingono i nostri figli a consumare la loro vita, piuttosto che progettarla.

Siamo adulti ansiosi, che cercano di prevenire ogni genere di errore, ogni tipologia di sbaglio, affinché i nostri figli evitino di sperimentare il fallimento. Siamo tesi a sostituirsi ai nostri figli, pensando di sostenere lo sviluppo della loro autonomia, e in realtà tarpiamo loro le ali nelle prime prove di volo. Oppure smettiamo di presidiare la loro crescita, convinti che l’autonomia sia uno spazio di totale autogestione, senza quel lavoro di negoziazione e di comunicazione intensa che prelude all’ingresso nel mondo adulto. 

Questa nostra assenza o ingerenza, ha creato nelle nuove generazioni alti livelli di ansia come mai prima d’oggi.  Purtroppo noi adulti, che dovremmo aiutare i nostri figli nella regolazione delle emozioni che incontrano nel corso della loro crescita, facciamo fatica a gestire le emozioni riguardano il futuro dei nostri figli.  “Mai come ora, gli adulti sembrano incerti e indecisi, sempre ad interrogarsi su cosa è meglio per un ragazzo, su come dovrebbero sostenerlo, sempre alla ricerca di un consiglio educativo. Vulnerabilità e fragilità, scarsa autoefficacia e modesta percezione del proprio ruolo sono sempre più spesso presenti nel mondo interno del genitore” (Alberto Pellai, Sospesi sul futuro, arianetwork.net). 

Il futuro spaventa ed è privo di orizzonti di senso, perciò il rischio che si corre è quello di limitare al “qui ed ora” sia il progetto educativo di noi genitori sia il progetto di vita dei nostri figli, facendo perdere ad entrambi la capacità di essere strumenti per costruire qualcosa che possiamo verificare soltanto a medio e lungo termine.

Dobbiamo tuttavia mantenere i piedi saldi a terra, essere consapevoli che la nostra fragilità non è dannosa, nella misura in cui la comunità degli adulti che ruotano intorno alle nuove generazioni sarà capace di fare rete.  Dare importanza alla cooperazione rispetto alla competizione e all’agonismo; valorizzare le abilità di stare nel mondo, oltre alle competenze tecniche e alle abilità cognitive.

“Laddove le famiglie sembrano sempre più fragili e ruolo materno e ruolo paterno risultano confusi e scarsamente definiti, è l’intera comunità che si deve fare carico di chi sta crescendo al suo interno e prenderà in mano il testimone negli anni a venire, seguendo il principio presente all’interno del proverbio africano “per crescere un bambino ci vuole un villaggio”.” (Alberto Pellai, Sospesi sul futuro, arianetwork.net)

CHE COS’È LA COMUNITÀ EDUCANTE?

In generale possiamo definirla come l’intera collettività che ruota intorno ai più giovani. Una comunità che cresce “con” loro, e non solo per loro; che educa gli adulti del domani, ma che si fa anche educare e cambiare da loro. 

La comunità educante è l’insieme degli attori territoriali che si impegnano a garantire il benessere e la crescita di ragazze e ragazzi: sono le famiglie, la scuola con i docenti e il personale scolastico, le associazioni culturali e sportive, gli oratori, le organizzazioni non governative, perfino le aziende. Sono micro mondi che gravitano intorno alle nuove generazioni e hanno come obiettivo comune ultimo il benessere e la crescita di bambini e ragazzi da un punto di vista educativo, formativo e di costruzione del loro futuro. 

La diversità delle organizzazioni che collaborano alla costruzione della comunità educante è una ricchezza che va incoraggiata. L’educazione è un fenomeno trasversale e le differenze dei vari attori servono proprio a esaltare i diversi approcci educativi possibili, in modo da raggiungere tutte le persone senza lasciare nessuno indietro. Fare comunità significa mettere insieme un mosaico di esperienze che hanno scopi primari differenti ma un obiettivo latente comune: l’educazione. 

Come insegna il pedagogista Paolo Freire, «l’educazione non può cambiare il mondo, ma può cambiare le persone che possono cambiare il mondo».